DECRETO TRIBUNALE PER I MINORENNI DI ROMA (23 MARZO 2009)

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1 DECRETO TRIBUNALE PER I MINORENNI DI ROMA (23 MARZO 2009)

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3 SENTENZA TRIBUNALE DI ROMA ( 3 SETTEMBRE 2011) Tribunale di Roma Sezione I Civile Sentenza 3 settembre 2011 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI ROMA PRIMA SEZIONE CIVILE La dott.ssa Anna Mauro, in funzione di Giudice Unico di primo grado, Prima Sezione Civile del Tribunale di Roma ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n /2077 Ruolo Generale Contenzioso tra N.S. elettivamente domiciliato in Roma, viale (...) presso lo studio dell'avv.to G.I. e G.G. che lo rappresentano e difendono giusta procura in atti attore e D.L. elettivamente domiciliata in Roma, via (...) presso lo studio dell'avv.to M.F. che la rappresenta e difende per procura a margine della comparsa di costituzione e risposta convenuta Oggetto: Risarcimento del danno. FATTO E DIRITTO L'attore agisce in giudizio onde ottenere il risarcimento del danno da lui patito a seguito del comportamento del proprio coniuge. Allega quanto segue: - di avere contratto matrimonio nel 2000 e che, ben presto, evidenziatesi le inconciliabilità tra gli opposti caratteri dei coniugi, la vita familiare era divenuta insostenibile; - che nell'aprile 2002 la moglie, a sua insaputa, presentava un ricorso dinanzi al tribunale per i minori chiedendo un provvedimento ablativo della potestà genitoriale e che tale procedimento, in considerazione del fatto che non erano emersi motivi che potevano indurre il tribunale ad emettere provvedimenti relativi alla potestà, si chiudeva con la declaratoria di non luogo a procedere essendo pendente il procedimento di separazione introdotto dal marito; - che dopo l'emissione dei provvedimenti presidenziali, resi nel 2002, in sede di separazione, la ricorrente, affidataria del figlio, poneva ogni ostacolo alla frequentazione padre - figlio e che, per tale motivo, il giudice istruttore disponeva l'intervento dei servizi sociali che accertavano, come risulta dalla loro relazione, inviata il 10 marzo 2003 al tribunale, la scarsa disponibilità della moglie a far vedere il figlio al marito; - che il 31 agosto 2005 la D. sporgeva denuncia dinanzi ai carabinieri riferendo di comportamenti disdicevoli perpetrati dal marito e dalla sua nuova compagna verso il figlio; - che a seguito di tale denunzia iniziava un procedimento penale nei suoi confronti per atti di pedofilia nei confronti del figlio;

4 - che il pubblico ministero, dopo aver fatto esperire ad un proprio consulente approfondite indagini, chiedeva l'archiviazione del procedimento, richiesta accolta dal GIP; - che la frequentazione con il figlio era stata frammentaria e discontinua e che per il comportamento della moglie egli era stato privato del proprio diritto a vivere la sua genitorialità essendo stati dalla donna sempre ostacolati, senza mai dare alcun segno di resipiscenza, i suoi incontri con il figlio. Tali allegazioni trovano puntuale riscontro negli atti di causa e impongono, per le considerazioni che seguono, l'accoglimento della domanda dovendosi ritenersi provato, inconfutabilmente, il comportamento illecito della convenuta nei confronti del proprio coniuge, comportamento che è stato causa di danno al predetto. Orbene, ricostruendo lo svolgimento dei rapporti tra le parti si evidenzia che, già nel marzo 2003, i servizi sociali - interpellati da questo tribunale a seguito di ricorso per modifica dei provvedimenti presidenziali introdotto dal padre, che lamentava l'impossibilità di incontrare il figlio per ostacoli frapposti dalla madre e chiedeva, quindi, l'affidamento esclusivo del figlio - mettevano in evidenza la scarsa disponibilità della D. nel permettere gli incontri padre - figlio e la contraddittorietà dei suoi comportamenti in quanto la donna, da un lato, esprimeva dubbi sulle capacità genitoriali del marito, tanto da fare per ben due volte ricorso al Tribunale per i minorenni onde ottenere la declaratoria di cessazione della potestà genitoriale del padre, e dall'altro avvertiva la necessità che il padre potesse essere più vicino nella vita quotidiana del bambino. Successivamente, non essendo riuscita con il ricorso al Tribunale per i minorenni ad ottenere un provvedimento ablativo della potestà, percorreva la strada del processo penale e il 31 agosto 2005 sporgeva nei confronti del marito la gravissima denunzia di violenza sessuale verso il figlio e chiedeva e otteneva l'immediata interruzione di ogni rapporto tra i due. Tale denunzia si rivelava del tutto infondata e, con una provvedimento del 27 gennaio 2006, il P.M. presso il Tribunale di Roma chiedeva l'archiviazione del procedimento dopo avere esperito approfonditi atti di indagine ed, in particolare, aver dato incarico di consulenza alla neuropsichiatra infantile dottoressa A.G. e fatto effettuare specifici test (tra cui il R.). Metteva in evidenza il P.M., le preoccupanti perplessità che gli esiti dell'indagine destavano e, in particolare, "la reazione della famiglia di Ma. (da parte di madre) che invece di accogliere lietamente (sia pure con ogni ragionevole cautela) gli esiti processuali, ha ostentato malcelata incredulità nei confronti di dette risultanze... manifestando assoluto disinteresse in ordine alle reali cause che hanno contribuito a determinare il malessere di M."; osserva ancora il P.M. che se tale atteggiamento può essere giustificato in un'ottica strettamente tecnica e difensiva "nessuna giustificazione può essere addotta in relazione al comportamento di chi, con il proprio atteggiamento, ha contribuito a determinare - si auspica inconsapevolmente - la situazione

5 oggi al vaglio del giudice penale, senza assolutamente tenere conto delle conseguenze devastanti che tale atteggiamento potrà in futuro ricadere sull'esistenza di M.". Nel decreto del P.M. si legge che il bambino da circa cinque mesi non poteva vedere né sentire telefonicamente padre. La D. non paga delle motivazioni del P.M. proponeva opposizione alla richiesta di archiviazione, opposizione però rigettata l' dal GIP. I sentimenti che la donna nutriva nei confronti del marito, difficilmente inquadrabili con chiarezza, ma sicuramente molto contrastanti tra loro non le consentivano di far vivere all'uomo una relazione serena e appagante con il figlio il tant'è che successivamente, nel corso del processo di separazione, il G.I., con provvedimento del 27 giugno 2007, avvertiva la necessità di effettuare una verifica in ordine alla situazione psicofisica del minore "visite le relazioni dei servizi affidatari che lamentano difficoltà nel loro ufficio a causa degli atteggiamenti ostativi della madre, che lungi dall'avere preso coscienza dell'oggettiva situazione di sofferenza psichica in cui versa il minore, persevera nella sua condotta contraria all'interesse del figlio". A distanza, quindi, di otto mesi dal provvedimento del gip e di diciotto mesi da quello del P.M. nulla era cambiato nel comportamento della madre che insisteva con pervicacia a ostacolare i rapporti padre - figlio. In tale situazione, non v'è chi non veda che la condotta della D. reiterata nel tempo si sostanzia in una patente e gravissima compromissione dei rapporti affettivi del padre verso il figlio minore, attraverso l'interruzione di ogni apprezzabile relazione per un lungo periodo. Tutto ciò integra, senza alcun dubbio, la lesione del diritto personale del N. alla genitorialità, diritto costituzionalmente garantito a norma degli artt. 2 e 29 della Cost. avendo comportato nell'uomo, come peraltro evidenziato dagli innumerevoli ricorsi da lui proposti al giudice, una forte sofferenza per non avere potuto assolvere - e non per sua volontà - ai doveri verso il figlio e per non aver potuto godere della presenza e dell'affetto del piccolo. Sicuramente responsabile di ciò, alla luce delle risultanze processuali, è da ritenersi la resistente che, con il suo ostinato, caparbio e reiterato comportamento, cosciente e volontario, è venuta meno al fondamentale dovere, morale e giuridico, di non ostacolare, ma anzi di favorire la partecipazione dell'altro genitore alla crescita ed alla vita affettiva del figlio causando all'attore, che con questo processo ne chiede il ristoro, un danno non patrimoniale da intendersi nella sua accezione più ampia di danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica. Poiché, però, tale tipo di pregiudizio sfugge, per il suo stesso contenuto, ad una precisa valutazione, esso va congruamente determinato facendo uso di criteri di carattere equitativo, pur ancorati a parametri razionali, che possono essere in concreto individuati, nella fattispecie qui

6 in esame, in base alla gravità dei fatti, alla lunga durata temporale degli stessi, ai rapporti tra le parti e alla loro personalità, età e condizione socio - culturale. Sulla base dei parametri elencati, ed eseguendo un opportuno bilanciamento tra gli elementi raccolti, si ritiene che possa essere liquidato in via equitativa all'attore un risarcimento che si determina all'attualità nella somma di Euro ,00. Tale somma è produttiva di interessi a far data dalla presente decisione. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando così decide: condanna la convenuta al risarcimento del danno in favore dell'attore nella misura di Euro ,00 oltre interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo; condanna la convenuta al pagamento nei confronti dell'attore, delle spese di lite che si liquidano in Euro 1.875,00 per diritti, Euro 3.250,00 per onorari, oltre spese generali, iva e cpa. Così deciso in Roma il 10 febbraio 2011 SENTENZA CASSAZIONE ( 14 MAGGIO 2012) Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 12 aprile 14 maggio 2012, n Presidente Luccioli Relatore De Chiara Svolgimento del processo Nel giudizio di separazione personale dei coniugi sig. D.C. e sig.ra P.M., introdotto da quest ultima nel 2003, il Tribunale di Mantova, con sentenza del 2007, pronuncia la separazione dei coniugi e dispone altresì: l affidamento condiviso della figlia minore della coppia, S., nata il 28 ottobre 1996, con collocamento presso la madre e con obbligo dei genitori di intraprendere un percorso di mediazione familiare, sotto la supervisione dei servizi sociali, nonché di cooperare per un miglioramento della relazione genitori-figlia; la sospensione del diritto di visita del padre dato il rifiuto opposto dalla figlia; la condanna ai sensi dell art. 709 ter c.p.c. della M. - ritenuta responsabile della sindrome da alienazione genitoriale da cui era affetta la figlia - al risarcimento del danno, liquidato in ,00 in favore del marito e in ,00 in favore della figlia; il pagamento di un assegno di 350,00 mensili, oltre alla metà delle spese mediche straordinarie, a carico del C. per il mantenimento della figlia. La sentenza fu appellata dalla sig.ra M., che chiese revocarsi la sua condanna risarcitoria, affidarsi esclusivamente a sé la figlia minore, formalizzarsi l assegnazione a sé della casa coniugale. Il sig. C. resistette e propose anche appello incidentale chiedendo a sua volta l affidamento esclusivo della figlia. La Corte di Brescia, in parziale accoglimento del gravame principale, ha revocato la condanna della M. al risarcimento del danno in favore della figlia, per difetto della relativa domanda; ha ridotto ad ,00 il risarcimento in favore del C.; ha disposto la formale assegnazione della casa coniugale alla M. Sulla scorta della consulenza tecnica di ufficio espletata nel giudizio di primo grado, delle relazioni degli esperti dei servizi sociali e delle dichiarazioni degli insegnanti della minore, la Corte ha confermato l accertamento del Tribunale di infondatezza delle accuse di abusi sessuali nei confronti della figlia rivolte dalla M. al C., e, pur evidenziando i tratti di immaturità della personalità di quest ultimo, ha fatto risalire alla prima la responsabilità del

7 rifiuto - dalla stessa in effetti fomentato con il proprio comportamento quantomeno colposo - progressivamente manifestato dalla figlia nei confronti del padre. La sig.ra M. ha proposto ricorso per cassazione con due motivi di censura. L intimato non ha svolto difese. In camera di consiglio il Collegio ha deliberato che la motivazione della presente sentenza sia redatta in maniera semplificata, non ponendosi questioni rilevanti sotto il profilo della nomofiliachia. Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo di ricorso, denunciando vizio di motivazione, si lamenta: a) che la Corte d appello si sia basata sulla consulenza tecnica di ufficio effettuata da una psicologa e non da un medico psichiatra, senza nulla osservare sul punto nonostante l espresso rilievo dell appellante, mentre nessuno degli specialisti - in primo luogo i consulenti di parte ricorrente - e degli esperti interpellati aveva condiviso la diagnosi di sindrome di alienazione parentale, peraltro effettuata dalla CTU solo in un secondo momento;

8 b) che sia stata omessa dai giudici di merito, senza alcuna motivazione, l obbligatoria audizione della minore del cui affidamento si tratta; c) che sia stato omesso l esame della relazione del consulente tecnico di parte prof. Brighenti, prodotta dalla ricorrente nel giudizio di appello; d) che la smentita delle affermazioni della neuropsichiatra dott.ssa Finardi circa la possibilità dell abuso sessuale commesso dal padre sulla figlia era stata motivata, dalla Corte d appello, con il richiamo non già della sentenza di primo grado, bensì di altro atto del processo quale la consulenza tecnica di ufficio; e) che i giudici di merito avevano omesso di rilevare che il C. non aveva sporto denuncia per calunnia nei confronti della ricorrente, né i giudici stessi avevano disposto la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica, né quest ultima aveva comunque aperto un procedimento contro la M., e che il C. aveva rivelato il proprio disinteresse per la figlia non assumendo alcuna iniziativa per superare gli ostacoli frapposti alle sue visite; f) che la sindrome da alienazione parentale, allorché sussiste, deriva da una situazione di grave conflittualità fra i genitori, onde le relative responsabilità vanno ascritte a entrambi e non a uno solo di essi; inoltre la Corre non aveva considerato che non era stata affatto dimostrata la sistematica denigrazione del padre ad opera della madre, che invece era sempre stata pesantemente ingiuriata dal C., nonché fatta oggetto, assieme ai genitori, di vane denunce-querele, e nondimeno si era fattivamente impegnata, nell interesse della figlia, a sedare la conflittualità con il marito; g) che la condanna risarcitoria ai sensi dell art. 709 ter c.p.c. era infondata, giacché il padre si era reso quantomeno corresponsabile della situazione, con la sua condotta passiva e inerte, e aveva subito anche condanna per ingiurie, lesioni e minacce nei confronti della moglie Con il secondo motivo denuncia violazione dell art. 6 della Convenzione di Strasburgo, ratificata con l. 20 marzo 2003 n. 77, e dell art. 155 sexies c.c., introdotto dalla l. 8 febbraio 2006, n. 54, per l immotivata omissione dell audizione della figlia minore della coppia in relazione al suo affidamento, obbligatoria, ai sensi delle predette norme, salvo solo il contrasto con interessi fondamentali della minore stessa o la sua mancanza di discernimento Nessuna delle predette censure può trovare accoglimento. Va infatti osservato: - che, con riferimento alla censura a) del primo motivo, nessuna norma impone di affidare a medici piuttosto che a psicologi le consulenze tecniche riguardanti disturbi psicologici, mentre la verifica della concreta qualificazione dell esperto a rendere la consulenza è compito esclusivo del giudice di merito; - che le questione dell omissione e dell ascolto della minore omissione già consumata dal Tribunale - non era stata sollevata dalla ricorrente nel giudizio di appello (o almeno ciò non risulta né dalla sentenza impugnata né dallo stesso ricorso per cassazione), onde la medesima - e dunque la censura b) del primo motivo, nonché il secondo motivo di ricorso - è da considerare inammissibile in quanto nuova; - che la censura c) del primo motivo è generica, difettando della specificazione del contenuto della relazione del consulente di parte; - che, quanto alla censura d) del primo motivo, ben può il giudice di appello rilevare per relationem richiamando il contenuto della consulenza tecnica di ufficio (ex multis, Cass. 04/5/2005, 2114/1995, 3711/1989); - che per il reato le censure della ricorrente integrano pure e semplici critiche di merito, inammissibili in sede di legittimità.

9 4. - Il ricorso va in conclusione respinto. In mancanza di difese della parte intimata non vi è luogo a provvedere sulle spese processuali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell art. 52 d.lgs. n. 196/2003. SENTENZA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA ( 2 NOVEMBRE 2010) ARRÊT STRASBOURG 2 novembre 2010 DÉFINITIF 02/02/2011 Cet arrêt est devenu définitif en vertu de l'article 44 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme. En l'affaire Piazzi c. Italie, La Cour européenne des droits de l'homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de : Françoise Tulkens, présidente, Ireneu Cabral Barreto, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Işıl Karakaş, Guido Raimondi, juges, et de Stanley Naismith, greffier de section, Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 12 octobre 2010, Rend l'arrêt que voici, adopté à cette dernière date : 16/05/12 ECHR Portal HTML View cmiskp.echr.coe.int/tkp197/view.asp?action=html&documentid=876596&portal=hbk 2/10 PROCÉDURE 1. A l'origine de l'affaire se trouve une requête (no 36168/09) dirigée contre la République italienne et dont un ressortissant de cet Etat, M. Alessandro Piazzi («le requérant»), a saisi la Cour le 1erjuillet 2009 en vertu de l'article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l'homme et des libertés fondamentales («la Convention»). 2. Il est représenté devant la Cour par Me A. Forza, avocat à Venise. Le gouvernement italien («le Gouvernement») a été représenté par son agent, MmeE. Spatafora, et par son coagent, M. N. Lettieri. 3. Le requérant alléguait en particulier une violation du droit au respect de sa vie familiale, garanti par l'article 8 de la Convention. 4. Le 22 octobre 2009, la présidente de la deuxième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l'article 29 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond. EN FAIT I. LES CIRCONSTANCES DE L'ESPÈCE 5. Le requérant est né en 1960 et réside à Rimini.

10 6. En 1989, le requérant épousa C. Le couple eut un fils, L., né le 13 novembre Le mariage fut très vite marqué par des tensions et des incompréhensions, si bien que le 18 mai 1993, les époux saisirent le président du tribunal de Naples d'une demande consensuelle de séparation de corps. La garde de l'enfant fut attribuée à C. avec un droit de visite pour le requérant. 8. En 1999, après le divorce, C. épousa un professeur d'université et déménagea à 250 kilomètres de distance du requérant. 9. En avril 2001, L. affirma à sa grandmère maternelle et au psychologue qui le suivait qu'il avait subi des attouchements sexuels de la part de son père. C. ne déposa pas plainte à l'encontre du requérant mais s'adressa à un avocat qui enjoignit au requérant de ne plus rencontrer son fils. 10. Le 12 avril 2002, en raison des difficultés rencontrées dans l'exercice de son droit de visite, le requérant saisit le tribunal pour enfants de Venise. Il faisait valoir que son exépouse avait influencé son fils à son sujet. 11. Par un décret du 19 juin 2002, le tribunal de Venise confia la garde de l'enfant aux services sociaux de Noventa Padovana (Administration Sanitaire Locale Azienda Sanitaria Locale ASL) avec maintien du placement de l'enfant au domicile de la mère et ordonna une expertise visant à vérifier si un des deux parents avait eu un comportement préjudiciable à l'enfant et si, le cas échéant, il était opportun que l'enfant garde un contact avec ledit parent. 12. En décembre 2003, le psychologue déposa son rapport qui mettait en évidence l'incapacité des deux parents à exercer «toutes les fonctions d'un parent». De plus les tentatives de la mère de dresser l'enfant contre son père pouvaient aboutir en l'espèce à un syndrome d'aliénation parentale. Selon le psychologue, il était peu probable que L. ait subi des attouchements sexuels de la part de son père. Ces événements étaient plutôt le fruit de l'imagination de l'enfant. Selon le psychologue, il était opportune qu'un projet de rapprochement entre L. et le requérant fût précédé d'une procédure de médiation pour les parents. 13. Par un décret du 1er décembre 2003, le tribunal pour enfants de Venise, se basant sur l'expertise, limita l'autorité parentale des deux parents sur l'enfant et, en confirmant la décision du 19 juin 2002, autorisa le requérant à rencontrer son enfant en présence des assistants sociaux selon des modalities établies par les mêmes services sociaux. En particulier, le tribunal releva que la mère avait eu un comportement sciemment destiné à exclure tant le père que les autorités compétentes. Elle avait de fait interrompu tout rapport de l'enfant avec le père. Le tribunal décida qu'il était dans l'intérêt de L. de restaurer le rapport avec son père au moyen d'une préparation et d'un soutien psychologiques, avec la participation d'un psychothérapeute choisi par les deux parents. 14. Les rencontres surveillées devaient avoir lieu tous les quinze jours pendant une heure. 15. Le 2 décembre 2003, le requérant contacta les services sociaux afin de pouvoir rencontrer son fils. En l'absence de réponse, le requérant réitéra sa demande le 11 février Le 8 mars 2004, l'assistante sociale l'informa qu'en l'absence de directives précises du tribunal, elle ne pouvait pas faire droit à sa demande. 17. Le 26 juin 2004, le requérant fut invité à se rendre à Noventa Padovana pour un entretien avec l'assistante sociale. Lors de l'entretien, il fut informé que Mme P. suivrait dorénavant le dossier. 18. A une date non précisée, le requérant contacta par téléphone Mme P. qui le renseigna sur les résultats scolaires de L. 19. Pendant l'été 2004, il n'eut aucun contact avec son fils.

11 20. Le 25 octobre 2004, le requérant rencontra à nouveau Mme P. et ses collaborateurs. Il affirme que ces derniers l'auraient informé que l'impossibilité de rencontrer son fils était due à l'intervention du mari de son exépouse, qui était un professeur d'université renommé. 21. Par plusieurs lettres datées des 5 octobre, 20 octobre et 22 décembre 2005, le requérant sollicita les services sociaux afin qu'ils organisent une rencontre avec son fils conformément à la décision du tribunal. 22. Le 30 janvier 2006, il fut invité à se rendre chez Mme P. Une fois arrivé, il fut informé que Mme P. était malade et que la psychologue qui suivait son fils n'était pas disponible pour une rencontre. 23. Le 19 avril 2006, le requérant s'adressa une nouvelle fois au tribunal pour enfants de Venise afin de demander la mise en oeuvre des rencontres avec L. Il fit valoir qu'il n'avait pas pu rencontrer son fils et demanda au tribunal la garde de l'enfant en raison de l'influence négative de la mère. 24. Le 20 septembre 2006, le requérant ne se présenta pas à un entretien avec les services sociaux. 25. Le même jour, le service de neuropsychiatrie de l'hôpital de Padoue déposa son premier rapport sur la situation de l'enfant. Les deux psychologues avaient rédigé ce rapport après avoir rencontré la mère, le beaupère de l'enfant et le requérant. En revanche aucun entretien avec l'enfant n'avait eu lieu. Le rapport faisait état de ce que l'enfant était suivi par une psychothérapeute et que pour le moment à cause de la fragilité émotive de l'enfant, un rapprochement avec le père n'était pas envisageable. Par ailleurs, il était opportun de continuer cette psychothérapie. 26. Le 2 octobre 2006, le requérant informa les services sociaux qu'il ne pourrait pas participer à l'entretien du 4 octobre Le 22 novembre 2006, l'enfant déclara au tribunal de ne pas vouloir rencontrer son père et menaça de se suicider si le tribunal l'obligeait. 28. Par un décret du 13 juin 2008, le tribunal constata que le requérant n'avait pas rencontré son fils depuis 2001 et que le décret du 1er décembre 2003 n'avait pas été exécuté. Compte tenu du refus de L. de voir le requérant, de la nécessité pour l'enfant de poursuivre son soutien psychologique afin de comprendre et de canaliser sa rage envers son père ainsi que des observations des services sociaux qui avaient souligné qu'une reprise des rapports avec le requérant pouvait être extrêmement traumatisante pour L., le tribunal confirma le décret du 1er décembre Toutefois, le tribunal releva également que les services sociaux avaient délégué à la mère de l'enfant la gestion du suivi psychologique de L., et ordonna que les services sociaux par le biais de leurs structures publiques suivent le parcours psychologique de L. et contrôlent en même temps le comportement de la mère. Le tribunal ordonna aux services sociaux de poursuivre le soutien psychologique pour L. ainsi que la procédure de médiation pour les deux parents. 29. Les 6 novembre 2008 et 21 janvier 2009, le requérant fut convoqué par les services sociaux. A ces occasions, le requérant demanda à ces derniers s'ils avaient rencontré l'enfant. La réponse fut négative. Ils se basaient sur les rapports déposés par la psychothérapeute de L. 30. Le 11 mars 2009, le requérant demanda aux services sociaux de faire parvenir une lettre à son fils. 31. A une date non précisée, le requérant interjeta appel du décret du 13 juin Il faisait valoir qu'il ne rencontrait plus son fils depuis plus de sept ans et demanda que le suivi de L. fût confié aux services sociaux d'une autre commune. 32. Par un décret du 5 janvier 2009, la cour d'appel de Venise constata que le décret du 1er décembre 2003 n'avait pas été exécuté et que cela était dû au refus de L. de

12 rencontrer son père biologique. La cour d'appel souligna qu'aucune rencontre entre le requérant et son fils n'avait eu lieu depuis 2001 mais que toutefois, compte tenu de l'âge (17 ans) de L. et de son refus de voir son père, il était impossible de faire droit à la demande du requérant. Par conséquent, il rejeta le recours et confirma le décret du 13 juin Le 12 mars 2009, le requérant s'adressa à nouveau au tribunal pour enfants de Venise en lui demandant de donner exécution au décret du 1er décembre Par une décision du 1eravril 2009, le tribunal rejeta le recours du requérant au motif que la procédure était classée et qu'il aurait fallu introduire un nouveau recours. EN DROIT I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L'ARTICLE 8 DE LA CONVENTION 34. Le requérant allègue une violation de son droit au respect de sa vie de famille découlant du fait que, malgré l'existence d'une décision du tribunal pour enfants fixant les conditions d'exercice de son droit de visite, il n'a pas pu exercer ce droit depuis Il estime que les services sociaux ont joué un rôle trop autonome dans la mise en oeuvre des décisions du tribunal pour enfants et que ce dernier n'a pas exercé son devoir de vigilance constante sur le travail des services sociaux afin que le comportement de ceuxci ne fasse pas échec aux décisions du tribunal. L'article 8 de la Convention est libellé ainsi : «1. Toute personne a droit au respect de sa vie (...) familiale (...). 2. Il ne peut y avoir ingérence d'une autorité publique dans l'exercice de ce droit que pour autant que cette ingérence est prévue par la loi et qu'elle constitue une mesure qui, dans une société démocratique, est nécessaire (...) à la protection de la santé ou de la morale, ou à la protection des droits et libertés d 'autrui.» 35. Le Gouvernement s'oppose à la thèse du requérant. A. Sur la recevabilité 36. La Cour constate que le grief tiré de l'article 8 n'est pas manifestement mal fondé au sens de l'article 35 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs qu'il ne se heurte à aucun autre motif d'irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable. B. Sur le fond a) Arguments des parties 1. Le requérant 37. Le requérant fait valoir que les services sociaux ont joué un rôle trop autonome dans la mise en oeuvre des décisions du tribunal pour enfants et que ce dernier n'a pas exercé son devoir de vigilance constante sur le travail des services sociaux. Selon le requérant, les services sociaux ont laissé à la mere de l'enfant le temps d'effacer sa présence de la vie de L. 38. Il fait valoir que jusqu'à 2001, les relations avec son enfant étaient normales, malgré la distance due au déménagement de son exépouse. 39. Le requérant note que le premier rapport des services sociaux a été déposé trois ans après le décret du tribunal sans que jamais les deux psychologues n'aient rencontré l'enfant. De plus, la psychothérapeute qui suivait l'enfant et qui devait être choisie par les parents, avait été choisie exclusivement par son exépouse. 40. Le requérant affirme, en outre, que les deux psychologues ayant rédigé ledit rapport auraient subi l'influence du beaupère de l'enfant étant donné qu'il était le directeur d'un service de l'administration Sanitaire Locale (Azienda Sanitaria Locale ASL) dont elles dépendaient. De plus, il fait valoir que ni l'assistante sociale, ni l'agent du service de neuropsychiatrie infantile n'ont jamais vu ni rencontré son fils.

13 41. Le requérant affirme que le décret du tribunal lui octroyant un droit de visite tous les quinze jours n'a pas été respecté. Le tribunal saisi une deuxième fois en 2006 avait relevé que son décret de 2003 n'avait pas été exécuté et que les services sociaux avaient délégué à la mère le suivi du parcours thérapeutique de l'enfant ; et ce alors que le tribunal avait déclaré qu'il était dans l'intérêt d'un bon développement psychique du mineur de rétablir des relations avec son père. L'intéressé allègue que, en l'occurrence, il a été clairement établi que la nonréalisation de son droit de visite était imputable à la mère de l'enfant. 42. Le requérant affirme que les services sociaux et le tribunal n'ont pas pris les mesures plus directes et plus spécifiques nécessaires au rétablissement du contact entre le requérant et son fils et de ce fait l'ont privé de son rôle de père. Il s'agit selon le requérant d'une situation désormais irréversible, compte tenu aussi de l'âge de son fils. 43. Le requérant est d'avis que l'intérêt supérieur de l'enfant aurait exigé que L. ait ses deux parents au lieu d'être privé de son père. 44. Il rappelle que malgré la décision du 1er décembre 2003, restée non exécutée, lui octroyant un droit de visite, les services sociaux ne lui ont jamais permis ni de voir son fils, ni de l'appeler par téléphone, ni de lui remettre une lettre. 2. Le Gouvernement 45. Le Gouvernement soutient que toutes les mesures prises par les autorités italiennes visaient à la sauvegarde des conditions psychiques et physiques de l'enfant. Toutes lesdites mesures ont été prises dans l'intérêt supérieur de l'enfant. 46. Il note que pendant l'année 2003, les services sociaux ont pris en charge l'enfant et ont rencontré plusieurs fois les parents de l'enfant. L., très fragilisé, nécessitait un soutient psychologique à cause de sa difficulté à se mettre en relation avec son père, sa famille paternelle et les autres. De plus, les deux psychiatres mandatés par le tribunal avaient fait appel à une autre spécialiste en psychothérapie afin qu'elle suive l'enfant. 47. Le Gouvernement note également que le requérant n'a pas participé à plusieurs entretiens avec les services sociaux. 48. Le Gouvernement rappelle que dans le rapport déposé le 7 juin 2006, les services sociaux avaient manifesté leur incrédulité face aux démarches entreprises par le requérant devant le tribunal afin de se voir confier la garde de l'enfant. Ils affirmaient que ces démarches pouvaient avoir une conséquence négative pour L. 49. Le Gouvernement affirme que d'après les juridictions internes, la nonréalisation de l'objectif de la réunion entre le requérant et l'enfant était due à la position du garçon, qui avait toujours refusé de voir son père. 50. Les autorités compétentes ont agi dans l'intérêt de l'enfant ; compte tenu du refus de ce dernier de rencontrer son père, les services sociaux ont agi et continuent à agir afin d'améliorer l'état psychologique du mineur et afin de renouer les liens avec le requérant. Les services sociaux ont toujours tenu informé le tribunal de Venise de l'issue de la procédure. 51. En conclusion, le Gouvernement, se référant à la jurisprudence de la Cour (Johansen c. Norvège,7 août 1996, 64 Recueil des arrêts et décisions 1996III),rappelle qu'il n'appartient pas à la Cour de se substituer aux autorités internes pour réglementer la situation des enfants mais d'apprécier, sous l'angle de la Convention, les mesures prises par ces autorités dans l'exercice de leur pouvoir d'appréciation pour permettre la réunion des parents et de leur enfant. Les autorités italiennes ont agi dans l'intérêt de L., afin de protéger sa santé, conformément au paragraphe 2 de l'article 8 de la Convention. Il demande dès lors à la Cour de déclarer la requête irrecevable. B. Appréciation de la Cour 52. Comme la Cour l'a rappelé à maintes reprises, si l'article 8 a essentiellement pour objet de prémunir l'individu contre les ingérences arbitraires des pouvoirs publics, il ne se

14 contente pas de commander à l'etat de s'abstenir de pareilles ingérences : à cet engagement plutôt négatif peuvent s'ajouter des obligations positives inhérentes à un respect effectif de la vie privée ou familiale. Elles peuvent impliquer l'adoption de mesures visant au respect de la vie familiale jusque dans les relations des individus entre eux, dont la mise en place d'un arsenal juridique adéquat et suffisant pour assurer les droits légitimes des intéressés ainsi que le respect des décisions judiciaires, ou des mesures spécifiques appropriées (voir, mutatis mutandis, Zawadka c. Pologne, nº 48542/99, 53, 23 juin 2005). 53. Se penchant sur la présente affaire, la Cour note d'abord qu'au moment de leur séparation de corps en 1993, le requérant et son exépouse étaient parvenus à un accord sur les modalités du droit de visite de l'intéressé. Toutefois, après le déménagement et le nouveau mariage de son exépouse(c.), celleci a très tôt commencé à s'y opposer, et le requérant déposa en 2002 un recours devant le tribunal pour enfants («tribunal») pour demander le respect du droit de visite. Son épouse fit valoir que L. avait révélé avoir subi des attouchements sexuels de la part de son père et de sa famille. Dans ces conditions, le tribunal, le 19 juin 2002, ordonna une expertise au sujet de l'enfant (paragraphe 11 cidessus). Le rapport déposé par l'expert a mis en évidence l'incapacité des deux parents à exercer «toutes les fonctions d'un parent». De plus les tentatives de la mère de dresser l'enfant contre son père pouvaient aboutir en l'espèce à un syndrome d'aliénation parentale. Selon le psychologue, il était peu probable que L. ait subi des attouchements sexuels de la part de son père. Dans ces circonstances, le tribunal limita l'autorité parentale des deux parents sur l'enfant et autorisa le requérant à rencontrer son enfant en présence des assistants sociaux selon des modalités établies par les mêmes services sociaux. Les rencontres devaient avoir lieu tous les quinze jours pendant une heure. Les autorités avaient donc l'obligation de prendre des mesures visant à le réunir à son enfant. Il n'est pas sujet à controverse que les démarches entreprises par elles en l'espèce n'ont pas apporté le résultat souhaité et que le requérant ne voit pas son fils depuis Cependant, le fait que les efforts des autorités ont été vains ne mène pas automatiquement à la conclusion que l'etat a manqué aux obligations positives qui découlent pour lui de l'article 8 de la Convention (voir, mutatis mutandis, Mihailova c. Bulgarie, no 35978/02, 82, 12 janvier 2006). En effet, l'obligation pour les autorités nationales de prendre des mesures afin de réunir le parent et l'enfant qui ne vivent pas ensemble n'est pas absolue, et la compréhension et la coopération de l'ensemble des personnes concernées constituent toujours un facteur important. Si les autorités nationales doivent s'efforcer de faciliter pareille collaboration, une obligation pour elles de recourir à la coercition en la matière ne saurait être que limitée : il leur faut tenir compte des intérêts et des droits et libertés de ces mêmes personnes, et notamment des intérêts supérieurs de l'enfant et des droits que lui reconnaît l'article 8 de la Convention (Voleský c. République tchèque, no 63267/00, 118, 29 juin 2004). Comme la jurisprudence de la Cour le reconnaît de manière constante, la plus grande prudence s'impose lorsqu'il s'agit de recourir à la coercition en ce domaine délicat (Reigado Ramos c. Portugal, no 73229/01, 53, 22 novembre 2005), et l'article 8 de la Convention ne saurait autoriser le parent à faire prendre des mesures préjudiciables à la santé et au développement de l'enfant (Elsholz c. Allemagne [GC], nº25735/94, 4950,CEDH 2000VIII).Le point décisif consiste donc à savoir si les autorités nationales ont pris, pour faciliter le regroupement, toutes les mesures nécessaires que l'on pouvait raisonnablement exiger d'elles en l'occurrence (Nuutinen c. Finlande, nº 32842/96, 128, CEDH 2000VIII). 55. En l'espèce, confronté à l'impossibilité de mettre en oeuvre son droit de visite déterminé par le décret du 1er décembre 2003, le requérant a cherché d'abord

15 l'assistance des services sociaux afin de faire respecter cette décision. Force est de constater qu'aucune suite n'a été donnée auxdites demandes. Ce manquement semble d'autant plus grave que, compte tenu de l'âge de l'enfant (onze ans en 2003) et du contexte familial perturbé, l'écoulement du temps avait des effets négatifs sur la possibilité pour le requérant de renouer une relation avec son fils. 56. En 2006, le requérant demanda au tribunal la mise en oeuvre de sa décision du 1er décembre Entre temps, et précisément trois ans après le premier décret du tribunal, les services sociaux déposèrent leur premier rapport sur la situation de l'enfant et de la famille. La Cour note que les deux psychiatres ayant rédigé le rapport n'avaient jamais rencontré l'enfant, qui en revanche était suivi par un psychothérapeute choisi par la mère de l'enfant. La solution envisagée dans le rapport était d'attendre une maturation de l'enfant, qui pour le moment refusait de voir son père. 57. Par un décret du 13 mai 2008, le tribunal constata la nonéxecution de sa décision du 1er décembre 2003 et le fait que les services sociaux avaient délégué à la mère la gestion du suivi psychologique de son fils. Toutefois, compte tenu du refus de l'enfant de voir le requérant, le tribunal ordonna que l'enfant poursuive son soutien psychologique afin de comprendre et de canaliser sa rage envers son père. Le tribunal ordonna aux services sociaux de contrôler également le comportement de la mère et d'utiliser dans le parcours de suivi de l'enfant les structures publiques. 58. Il convient de rappeler que dans une affaire de ce genre, le caractère adéquat d'une mesure se juge à la rapidité de sa mise en oeuvre (Maire c. Portugal, nº 48206/99, 74, CEDH 2003VII). En l'occurrence, le gouvernement défendeur explique le comportement des services sociaux et du tribunal par la volonté de ne pas traumatiser l'enfant davantage. La Cour observe cependant que le 19 avril 2006, le requérant avait demandé au tribunal la mise en oeuvre de sa décision de Or, le tribunal constata l'inexécution de la mesure seulement en La Cour relève également que depuis 2003 aucun rapport n'avait été déposé par les services sociaux sur la situation psychologique de l'enfant. De l'avis de la Cour, de tels retards ne sauraient être justifiés car il appartient à chaque Etat contractant d'organiser son système judiciaire de sorte à assurer le respect des obligations positives qui lui incombent en vertu de l'article 8 de la Convention. 59. Ainsi, au lieu de prendre des mesures propres à permettre l'exécution du droit de visite, le tribunal a seulement pris note de la situation de l'enfant, et ordonné aux services sociaux de poursuivre le parcours thérapeutique de l'enfant en relevant que celuici se sentait menacé en présence de son père et ne voulait pas le rencontrer. La Cour rappelle à cet égard qu'il ne lui revient pas de substituer son appréciation à celle des autorités nationales compétentes quant aux mesures qui auraient dû être prises car ces autorités sont en principe mieux placées pour procéder à une telle évaluation, en particulier parce qu'elles sont en contact direct avec le contexte de l'affaire et les parties impliquées (Reigado Ramos c. Portugal, précité, 53). En l'espèce, elle ne saurait pour autant négliger l'avis du psychologue cité dans le décret du 1er décembre 2003, selon lequel les tentatives de la mère de dresser l'enfant contre son père pouvaient aboutir en l'espèce à un syndrome d'aliénation parentale. L'on ne saurait non plus passer outre au fait que, le 16 mai 2008, le tribunal a relevé que bien que la nonréalisation du droit de visite du requérant ne fût imputable à personne, les services sociaux avaient délégué à la mère le suivi du parcours thérapeutique de l'enfant. Nonobstant le fait qu'une évaluation psychologique fut conduit quant à la famille, la Cour constate que celleci se limita à constater l'état des choses et à faire des recommandations de caractère général.

16 60. La Cour reconnaît que les autorités faisaient en l'espèce face à une situation très difficile qui était due notamment aux tensions entre les parents. Cependant, un manque de coopération entre les parents séparés ne saurait dispenser les autorités compétentes de mettre en oeuvre tous les moyens susceptibles de permettre le maintien du lien familial (voir, mutatis mutandis, Reigado Ramos, précité, 55). Or, en l'occurrence les autorités nationales sont restées en deçà de ce qu'on pouvait raisonnablement attendre d'elles : le tribunal a délégué la gestion des rencontres aux services sociaux, qui de leur côté ont délégué à la mère la gestion du parcours thérapeutique de l'enfant. Puis, bien que l'enfant ait déclaré ne pas vouloir voir son père, la Cour relève que selon le rapport d'expertise cité dans le décret du 1er décembre 2003, il était dans l'intérêt de l'enfant de le rencontrer. Les autorités ont ainsi failli à leur devoir de prendre des mesures pratiques en vue d'inciter les intéressés à une meilleure coopération, tout en ayant à l'esprit l'intérêt supérieur de l'enfant (voir Zawadka précité, 67). 61. La Cour note que le déroulement de la procédure devant le tribunal fait plutôt apparaître une série de mesures automatiques et stéréotypées, telles que des demandes successives de renseignements et une délégation du suivi aux services sociaux leur ordonnant de faire respecter le droit de visite du requérant. Les autorités ont ainsi laissé se consolider une situation de fait accompli au mépris des décisions judiciaires, alors même que le simple passage du temps avait des conséquences de plus en plus graves pour le requérant, privé de contacts avec son fils. A cet égard, l'on ne saurait non plus négliger qu'au moment de son audition par le tribunal, le mineur se trouvait depuis un certains temps sous l'influence exclusive de sa mère, dans un milieu hostile à l'intéressé et que plus de 4 ans s'étaient écoulés sans un seul contact entre le requérant et son fils. De surcroît, la Cour note que les deux psychologies ayant rédigé le rapport sur la situation de l'enfant travaillaient dans la même ASL que le beaupère de l'enfant, professeur universitaire et chef de service. Il ne semble pas non plus que les autorités aient envisagé, eu égard aux difficultés pour les parents de s'accorder sur le choix du psychologue, que ceuxci se voient enjoindre l'obligation de suivre une thérapie familiale (voir Pedovič c. République tchèque, no 27145/03, 34, 18 juillet 2006) ou que les rencontres se déroulent au sein d'une structure spécialisée (voir, par exemple, Mezl c. République tchèque, no 27726/03, 17, 9 janvier 2007 ; Zavřel c. République tchèque, no 14044/05, 24, 18 janvier 2007). Dans ces circonstances, Cour estime que face à pareille situation les autorités auraient dû prendre des mesures plus directes et plus spécifiques visant au rétablissement du contact entre le requérant et son fils. En particulier, la médiation des services sociaux aurait dû être utilisée pour rendre les parties plus coopératives et ils auraient dû, conformément au décret du 1er décembre 2003, organiser les rencontres entre le requérant et son fils. Or, les juridictions internes n'ont pris aucune mesure appropriée pour créer pro futuro les conditions nécessaires à la réalisation dudit droit de visite du requérant (Macready c. République tchèque, nos 4824/06 et 15512/08, 66, 22 avril 2010).Au demeurant, la Cour note qu'à ce jour, L. est devenu majeur. 62. Eu égard à ce qui précède et nonobstant la marge d'appréciation de l'état défendeur en la matière, la Cour considère que les autorités nationales ont omis de déployer des efforts adéquats et suffisants pour faire respecter le droit de visite du requérant ou lui permettre, à tout le moins, de rétablir le contact avec son enfant, et qu'elles ont ainsi méconnu son droit au respect de sa vie familiale garanti par l'article 8 de la Convention. 63. Partant, il y a eu violation de cette disposition. II. SUR L'APPLICATION DE L'ARTICLE 41 DE LA CONVENTION 64. Aux termes de l'article 41 de la Convention, «Si la Cour déclare qu'il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute

17 Partie contractante ne permet d'effacer qu'imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s'il y a lieu, une satisfaction équitable.» A. Dommage 65. Le requérant réclame la réparation d'un préjudice moral du fait de la longue séparation d'avec son fils, et de l'angoisse éprouvée. Il demande EUR. 66. Le Gouvernement estime que cette somme est excessive et rappelle la jurisprudence de la Cour dans les affaires Bove c. Italie, (no 30595/02, 61, 30 juin 2005) et Andělová c. République tchèque, (no 995/06, 113, 28 février 2008). 67. En tenant compte des circonstances de l'espèce et du constat de la rupture des relations entre le requérant et son enfant, la Cour considère que l'intéressé a subi un préjudice moral qui ne saurait être réparé par le seul constat de violation de l'article 8 de la Convention. La somme réclamée à ce titre est, toutefois, exagérée. Eu égard à l'ensemble des éléments se trouvant en sa possession et statuant en équité, comme le veut l'article 41 de la Convention, la Cour alloue à l'intéressé EUR de ce chef. B. Frais et dépens 68. Le requérant demande les sommes de ,79 au titre du remboursement des frais encourus Devant les juridictions nationales et de ,44 au titre du remboursement des frais encourus devant la Cour. 69. Le Gouvernement note que si le requérant a soumis deux factures, concernant les frais encourus devant les juridictions nationales, cellesci ne contiennent aucune liste détaillée des actes qu'elles sont censées couvrir. Il estime, en outre, que les sommes réclamées sont excessives et s'en remet à la sagesse de la Cour. 70. Quant aux frais engagés devant les juridictions internes, la Cour relève que, bien qu'au moins une partie de ces frais ait été exposée pour faire corriger la violation de l'article 8 de la Convention, les factures produites n'indiquent pas en détail la nature des prestations de l'avocat du requérant. 71. En ce qui concerne les frais encourus devant elle, la Cour juge excessive la somme demandée par le requérant. 72. Dans ces conditions la Cour, statuant en équité et eu égard à la pratique des organes de la Convention en la matière, estime raisonnable d'allouer au requérant la somme de EUR. C. Intérêts moratoires 73. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d'intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage. PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L'UNANIMITÉ, 1. Déclare la requête recevable; 2. Dit qu'il y a eu violation de l'article 8 de la Convention ; 3. Dit a) que l'etat défendeur doit verser au requérant, dans les trois mois à compter du jour où l'arrêt sera devenu définitif conformément à l'article 44 2 de la Convention, les sommes suivantes: ii EUR (quinze mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d'impôt, pour dommage moral; iii EUR (cinq mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d'impôt par le requérant, pour frais et dépens ; b) qu'à compter de l'expiration dudit délai et jusqu'au versement, ces montants seront à majorer d'un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;

18 4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus. Fait en français, puis communiqué par écrit le 2 novembre 2010, en application de l'article 77 2 et 3 du règlement. Stanley Naismith Françoise Tulkens Greffier Président ARRÊT PIAZZI c. ITALIE

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